Qualche mese fa abbiamo intervistato Angela Casalanguida, autrice del romanzo “La dolcezza del sale”. Poco dopo la splendida chiacchierata insieme, è iniziato anche il nostro viaggio tra le pagine di questo splendido libro che non poco ci ha stupiti e lasciato più di un importante insegnamento. Ma andiamo con ordine e raccontiamo qualcosa della nostra intensa conversazione.
Volendo iniziare con il banalotto, parliamo del titolo, del nome dei personaggi e delle location. Insomma, da dove saltano fuori le idee a tal riguardo? Parliamo di prodotti autobiografici?
Assolutamente no. Appena inizio un libro cerco un nome che mi piace e la scelta è ardua; soprattutto è stata molto lunga per questo ultimo romanzo. Ci sono volute settimane prima che “La dolcezza del sale” balzasse fuori dalla mia testa, per essere proposto alla casa editrice quasi sfinita per l’attesa. Quindi, già da qui si capisce l’importanza che voglio dare ad ogni singolo elemento del mio racconto, a partire dal nome sulla copertina. La location, poi, deve essere giusta per il romanzo che scrivo. Non voglio mai ambientare le mie storie in posti altisonanti, solo per fare colpo sul lettore. Ho bisogno di ciò che la storia richiede e ciò che riesco effettivamente a descrivere. Che sia un posto che ho visitato o che ho avuto modo di studiare a fondo. Ho bisogno che il lettore viaggi insieme ai miei personaggi e possa rirtrovare elementi reali tra le mie pagine.
Quindi, qui entrano in gioco i ricordi, che mi legano anche alla visione dei miei personaggi, quasi mai del tutto reali o autobiografici, ma che attingono comunque al mio passato e al mio presente, a ciò che vivo e soprattutto ho conosciuto. Essendo sempre alla ricerca del reale, devo per forza attingere a questo bagaglio di conoscenza mia personale. Ad esempio, il tema dell’adozione prende vita dall’esperienza di mie amiche che, chi in Bielorussia, chi in Polonia, hanno adottato dei bambini. L’amore che traspare per questi piccoli e la volontà di sentirsi genitori, dando tutto sè stessi al proprio figlio, hanno dato vita ad una reale descrizione di quello che è l’atteggiamento del mio personaggio nel romanzo. Perchè voglio che sia tutto estremamente convincente, affinchè chi legge possa empatizzare con i personaggi e la situazione.
Quindi, non troviamo nulla di te, in prima persona, tra queste pagine?
I sentimenti sono la cosa più autentica che si possono trovare, di ciò che ho vissuto. Perchè, seppur si tratti di una storia per famiglie, i miei personaggi provano sentimenti tanto reali quanto complicati. Perchè il terrore del nuovo, la sofferenza del distacco e l’odio verso la prepotenza sono tutti sentimenti che ho vissuto io in prima persona. Sono di origini modeste e questo mi ha portato a lottare per ciò a cui ho tenuto: cercare un lavoro, costruire una famiglia e affrontare momenti difficili, come tutti.
Il distacco ha attinto dall’esperienza con i miei genitori, purtroppo scomparsi a pochi anni di distanza. Questo mi ha aiutato a descrivere, con realismo maniacale, la solitudine, la mancanza, ma anche la forza di rialzarsi e andare avanti.
Come dico sempre, noi autori siamo dei ladri. Vediamo giocare i nostri figli, ascoltiamo le storie degli altri e viviamo la vita insieme ad una comunità, dalla quale poi rubiamo questi momenti e li facciamo nostri, per raccontare altro.
Prima di continuare, di cosa parla il libro?
Si parla di Carol, una giovane orfana, alla quale viene affidata la figlia di un’amica che non vede da tempo, morta di punto in bianco. Da qui, la vita della giovane cambia in tutto e per tutto. Come un fulmine che ha squarciato il cielo della sua vita, si ritroverà a dover affrontare da sola, senza alcun preavviso, l’esperienza della maternità. Fin quando non entra in scena un giovane, dal fascino velenoso, che rivendica la paternità della piccola Nicole.
Fascino velenoso?
Esattamente, questo villain del mio racconto volevo fosse il paradigma dell’antitesi che amo introdurre nel mio intreccio: bello, affascinante, quasi angelico. Insomma, un vero seduttore maligno, dietro ai quali occhi celesti, si cela un uomo senza scrupoli, che vuol spedire la piccola in collegio. Da qui ha inizio la guerra dei due fronti.
Personaggi e storie ben strutturate, ispirazione a parte, hanno una loro fase iniziale di sviluppo?
Io parto dal fattore necessità. Se ho una storia da raccontare, vaglio ogni elemento che potrebbe tornarmi utile. Ho in testa un altro romanzo che vorrei realizzare e prima di addentrarmi nello sviluppo, sto valutando le location da inserirci. Ho pensato a New York per la necessità di aerei e grattacieli, così come i personaggi hanno atteggiamenti utili allo scorrere della trama. Quindi, caratteri che entrano in conflitto, personaggi forti che sospingono l’intreccio e superano difficoltà. Insomma, creo lo scenario utile a poter dare sfogo alla storia e permettere la sua risoluzione.
Questa struttura, molto simile a quello dello sviluppo di una sceneggiatura cinematografica, mi fa pensare ad una cosa. Hai mai pensato ad un possibile film o cortometraggio ispirato ai tuoi racconti?Mi piacerebbe moltissimo e ci ho pensato. Ad esempio, come detto, si parlerebbe di un bel film per tutta la famiglia, che elargisce insegnamenti di amore e integrazione. Una volta ho trovato un concorso “Libro per il Cinema” e ho avuto rapporti con qualche blogger per la recensione del libro. Una di loro ha intravisto un forte carica positiva nel mio racconto e lì ho pensato che potesse essere un ottimo prodotto per il piccolo schermo, da vedere tutti insieme, semmai una Domenica pomeriggio.
Ci sono autori che hanno ispirato il tuo romanzo?
Io adoro Dan Brown. Mi piacciono tempi con i quali gestisce la tensione e i colpi scena, così come le informazioni storiche che ama inserire nei suoi libri. Per lo stesso motivo, adoro i romanzi storici. Adoro Carla Maria Russo, che ha raccontato gli Sforza e Robert Bryndza che mi ha trasportato in Norvegia. Ad esempio, io sono più legata ai dialoghi che le descrizioni, ma quando l’autore con poche parole riesce a trasportarmi in un luogo, in uno scenario allora capisco che sto leggendo qualcosa di autentico e che riesce a restituire quasi le stesse emozioni che si possono provare nel vederli dal vivo tali luoghi.
Cos’è quindi che non ami in un libro?
Se ben scritto, amo tutto di un libro, anche elementi che non fanno parte del mio bagaglio autoriale. Ma comunque digerisco poco le lunghe descrizioni, perchè rallentano il flusso del racconto e annoiano anche un bel po’. Trovo fuorvianti anche i salti temporali continui, perchè ci si perde lungo il cammino e diventa difficile godersi la trama. Infatti, chiedo sempre alle mie amiche di leggere in anticipo i miei romanzi, per poi informarmi su eventuali criticità legate alla poca chiarezza di alcuni passaggi o proprio la comprensione dell’intera trama. Soprattutto questo passaggio è stato fondamentale per la mia prima esperienza, legata all’autopubblicazione. Nel momento in cui ho stretto un accordo con una casa editrice, ho avuto modo di confrontarmi anche con la redattrice sui diversi aspetti del mio romanzo. Credo che sia proprio qui la chiave da tenere in considerazione quando ci si lancia in questo mondo: bisogna confrontarsi e mettere alla prova quanto si è scritto, così da imparare e maturare come autori.
Nel ringraziare l’autrice per la chicchierata, informiamo voi che il nostro viaggio non finisce qui. Come detto, abbiamo avuto modo di leggere per intero il romanzo di Angela e non mancheremo in futuro di scambiare quattro chiacchiere in video con lei, per addentrarci in maniera più approfondita nella trama e nell sviluppo dei personaggi.
Come sempre, restate collegati su www.nerderiaincompagnia.it
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