Qualche tempo fa si parlava erroneamente di crisi del doppiaggio. Tale fenomeno interessava, quasi unicamente, il pensiero comune secondo il quale: l’avvento delle piattaforme online e la sempre più crescente “esterofilia” avesse minato la credibilità del doppiaggio italiano. In realtà, questo fenomeno, ad oggi, è più che un dato di fatto. Definiamo, quindi, erronea l’attribuzione di tale crisi alle piattaforme di streaming. Il concetto di repulsione verso il prodotto italico, infatti, potrebbe affondare le radici in un ben più ampio discorso economico.
Se teniamo conto di studi antropologici, legati ad una ricerca del punto di variazione ideologica, da inizio 2000 ad oggi, possiamo verificare come la crisi economica, dalla quale è derivata una sempre più crescente sfiducia, verso orizzonti di realizzazione dell’individuo in territorio nazionale, sia avanzata di pari passo con l’idealizzazione del ben più fertile territorio straniero.
Fatta questa premessa, vi sembrerà assurdo collegare due fenomeni opposti in un unico discorso. Ma abbiamo messo le basi per una questione ben più ampia. Quindi, appurato che ci sia, ad oggi, un rifiuto per il prodotto doppiato, a favore della lingua originale, sebbene diversi utenti delle piattaforme facciamo largo utilizzo di sottotitoli per la scarsa comprensione del registro, andiamo a parlare di razzismo.
Non ci dilungheremo sull’esporre la tematica: la paura del razzismo avanza pretese poco ragionate. Vi sarà capitato, più e più volte, di imbattervi in articoli di cinema aventi in argomento i concetti di parità e rivalsa delle minoranze. Avete quindi letto di cambiamenti di genere (da maschile a femminile) di personaggi iconici, di richieste di cancellazione (esaudite) di riferimenti erroneamente considerabili razzisti o omofobi e della pretesa di dover assegnare ad un doppiatore esclusivamente un personaggio della propria nazionalità di origine.
Dovendo parlare proprio di quest’ultima, perché allora abbiamo iniziato il discorso facendo riferimento alla crisi economica e alla preferenza (puramente artistica) del prodotto in lingua originale?
Ve lo spieghiamo subito. Perché l’incontro dei due fenomeni si sta rivelando più tragico di quel che si crede.
Partiamo dal presupposto che, come la vogliate mettere, la pretesa di limitare attori alle nazionalità di appartenenza è oggettivamente una grave forma di limitazione artistica, oltre che un rimarcare feroce della disuguaglianza. In parole povere, la soluzione è quasi peggio del problema. Almeno a quanto stiamo vedendo, i social non vedono di buon occhio questa violenta, seppur motivata, variazione di rotta. L’idea di inculcare un’ideologia tramite censura non genera altro che odio e crea non pochi grattacapi per gli operatori dello spettacolo. Come ogni piano di risoluzione di una problematica che si rispetti, il tutto andrebbe (andava) risolto alla base. Noi siamo esuli di un’educazione, sicuramente figlia del tempo, ma che purtroppo è ovviamente invecchiata molto male, portando con sé gli strascichi di quei valori obsoleti e sbagliati. Ciò non vuol dire che non si debba auspicare ad un cambiamento. Parliamoci chiaro, queste pretese sono anche legittime, se teniamo conto della violenza schifosa che per anni abbiamo ignorato verso tante categorie. Il problema è che affidare questo cambiamento di rotta all’improvvisazione, senza tener conto del processo di educazione e sviluppo di una società, risulterà fallace. Siamo andati a cambiare le basi della cultura dello spettacolo, quando una legge che tuteli le minoranze è stata ed è ancora del tutto inesistente. Il sunto di tutto questo guazzabuglio è che non serve a nulla cancellarmi la puntata della serie tv, obbligare i doppiatori ad abbandonare personaggi storici del proprio percorso artistico, banalizzando il tutto con “vabbè ma tanto fa cagare in italiano, meglio la lingua originale”, rendere Superman donna, se poi quando due omosessuali vengono picchiati in strada la polizia e le istituzioni non sono in grado di tutelare le vittime. L’unica cosa che si otterrà sono litigi da social, discorsi sterili e tanti prodotti deludenti.